
Cosa faresti oggi se non fossi un consulente finanziario e perché?
Dal momento che sono un animale sociale, molto probabilmente opererei nel settore della formazione/Hr, possibilmente a livello internazionale: non avrei mai però dovuto conoscere alcun lato della mia attuale professione, in quanto sarei a conoscenza di quante soddisfazioni e momenti splendidi mi sarei perso a posteriori e forse vivrei nel rimpianto.
Cosa distingue un consulente da un semplice venditore?
Direi il focus reale su ciò che viene proposto: a differenza di un venditore, per svolgere al meglio la nostra professione, riuscire a conquistare il cliente solo attraverso la nostra professionalità ed esperienza, creando un patto invisibile, ma forte e tangibile, con le persone che ci onorano della loro fiducia. Senza questi presupposti, la nostra possibilità di essere utili si abbatte moltissimo.
Perché il mercato sta tornando a un modello di architettura chiusa?
Probabilmente per una questione di marginalità e controllo: è chiaro come i margini si siano assottigliati molto negli ultimi 20 anni, ed è un trend continuo; inoltre un’offerta troppo ampia può creare difficoltà di scelta, con il rischio che la stessa venga delegata a piattaforme di analisi quantitativa, cosa di per sé positiva, ma con il rischio di polarizzare le scelte. Ritengo importantissimo continuare a sostenere l’architettura aperta, in quanto permette uno spazio di manovra molto libero e permette alla nostra capacità di costruzione e manutenzione dei portafogli di emergere nei giusti tempi.
Con la Mifid2 i clienti devono ora evidenziare le proprie preferenze di sostenibilità. I tuoi clienti dove si stanno orientando?
Personalmente sto osservando un’attenzione più focalizzata sulle tematiche di environmental, social e corporate governance da parte delle generazioni Y e Z, tipicamente i figli di clienti con età media dai 20 ai 40 anni; ad ogni modo, al di là delle specifiche che permettono di rientrare nei temi di sostenibilità (e nei loro criteri), ritengo fondamentale spiegare sempre bene tutte le componenti presenti nella profilatura MiFid, in modo da avere delle risposte che siano più consapevoli possibile.
Classe 1972, PierLuca Tota respira questa professione dal 1979, anno in cui il papà Adriano entrò in Dival. Dopo il conseguimento della Laurea in psicologia del lavoro e organizzazioni, con focus sulla behavioural finance e sulla psicologia della formazione, acquisisce il codice banca a dicembre 2004. “Trovo fondamentali, oltre che alla ovvia preparazione tecnica che dobbiamo avere, forti doti di empatia, unite alla capacità di erogare educazione finanziaria e psicologica ai clienti, spiegando loro come funziona il nostro cervello nella valutazione di metriche numeriche e accadimento eventi”. In 18 anni di attività, riconosce con orgoglio l’inestimabile valore della fiducia che i clienti hanno riposto e ripongono in lui tutti i giorni, creando nel tempo legami molto forti, che gli hanno permesso di crescere professionalmente come senior partner e wealth advisor. Sposato dal 2010 con Dominga, ha una figlia di nome Viola Maria, 10 anni, e un bellissimo golden di nome Luna. Hobby: mountain bike, snowboard, alpinismo, surf e vita outdoor in generale.
Cosa faresti oggi se non fossi un consulente finanziario e perché?
Dal momento che sono un animale sociale, molto probabilmente opererei nel settore della formazione/Hr, possibilmente a livello internazionale: non avrei mai però dovuto conoscere alcun lato della mia attuale professione, in quanto sarei a conoscenza di quante soddisfazioni e momenti splendidi mi sarei perso a posteriori e forse vivrei nel rimpianto.